L'amministratore del condominio è legittimato, senza la necessità di una specifica autorizzazione dell'assemblea, ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condomini e dei terzi in tutti i casi attinenti alla sue attribuzioni (articolo 1130 del Codice civile): in particolare, per compiere gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell'edificio (articolo 1130, n.4).
Nel novero degli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni, l'articolo 1130 non si riferisce soltanto alle misure cautelari, ma anche a tutti gli atti diretti a conservare l'esistenza delle stesse parti comuni, mediante opere di manutenzione ordinaria (riparazioni, ripristini, piccole sostituzioni, eccetera) e a tutte quelle opere in genere necessarie per prevenire deterioramenti, che rientrano nell'ambito della normale gestione; compreso anche l'obbligo di vigilare e di agire nei confronti di terzi e degli stessi condomini contro turbative, spogli o pretese sulle parti comuni.
In questi casi, l'amministratore potrà agire senza l'autorizzazione dei condomini, potendo esperire azioni possessorie di reintegrazione o di manutenzione e cautelari, nonché esercitare giudizialmente i diritti del condominio tendenti a ripristini o al risarcimento dei danni causati, dai terzi o dai condomini, sulle parti comuni.
Nel corso degli anni i giudici di legittimità hanno riconosciuto la legittimazione attiva dell'amministratore ad agire in giudizio senza l'autorizzazione dell'assemblea, ad esempio:
- per conseguire la demolizione della sopraelevazione realizzata in violazione delle norme speciali antisismiche (Cassazione, Sezioni unite, 8 marzo 1986, n. 1552);
- per ottenere la rimozione di alcuni vani costruiti sull'area solare dell'ultimo piano (Cassazione, 21 marzo 1969, n. 907);
- per conseguire la demolizione della costruzione effettuata sulla terrazza di copertura, anche alterando l'estetica della facciata dell'edificio (Cassazione, 12 ottobre 2000, n. 13611);
- per chiedere il risarcimento dei danni, qualora l'istanza appaia connessa con la conservazione dei diritti sulle parti comuni (Cassazione, 22 ottobre 1998, n. 10474).
Di recente gli stessi giudici hanno considerato legittimato l'amministratore – senza necessità di autorizzazione da parte dell'assemblea dei condomini – a instaurare il giudizio per la rimozione di finestre aperte abusivamente da un condomino, in contrasto con il regolamento, sulla facciata dello stabile.
In questo caso, infatti, indipendentemente dai rapporti con la pubblica amministrazione, tale intervento è stato considerato «diretto a preservare il decoro architettonico dell'edificio contro ogni alterazione dell'estetica dello stesso e finalizzato alla conservazione dei diritti inerenti le parti comuni dell'edificio» (Cassazione, 17 giugno 2010 n. 14626).
La tutela a cui l'amministratore è tenuto non si limita, quindi, alla conservazione dei diritti sulle parti comuni singolarmente considerate, ma si estende anche all'edificio nel suo complesso, quando ne sia compromessa la stessa esistenza o stabilità, oppure quando venga compromesso il decoro architettonico dell'edificio nel suo insieme.
