Tuesday, February 2, 2010

Come si interpreta un regolamento di condominio.


La Cassazione, con la sentenza 28 dicembre 2009 n. 27392, torna ad occuparsi di regolamento di condominio e della sua interpretazione.
In effetti, non è raro che leggendo un regolamento ci si sia posti la domanda: che cosa s’intende dire in quella clausola?
Non sempre, infatti, le norme regolamentari condominiali sono scritte in modo chiaro e preciso, sicché diventa obbligatoria un’attività interpretativa finalizzata a coglierne il reale significato.
Quando si potrà dire che l’interpretazione adottata sia quella corrispondente a ciò che quella clausola effettivamente vuole dire?
Proprio questo è stato il cuore della decisione della Cassazione richiamata all’inizio.

Per comprendere appieno il significato è necessaria una premessa.

Il regolamento di condominio, sia esso di natura contrattuale (ossia accettato da tutti i condomini al momento della stipula o votato e sottoscritto, in un secondo momento, da tutti i partecipanti al condominio), sia esso di natura assembleare (ossia adottato dall’assemblea con le maggioranze indicate dall’art. 1138, terzo comma, c.c.) deve essere interpretato alla stregua dei canoni utilizzati per l’interpretazione dei contratti.

Il concetto è stato più volte ribadito dalla Corte di Cassazione che intervenendo sulla vicenda, interpretazione del regolamento di condominio, ha affermato che il Giudice deve osservare gli stessi canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 cod. civ. e segg., per la interpretazione degli atti negoziali, avendo questi validità generale (ex multis Cass. 23 gennaio 2007 n. 1406).

Il principio generale delle norme dettate in materia d’interpretazione dei contratti è che:
Nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.

Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto (art. 1362 c.c.).
In sostanza ciò che conta, in via principale, è ciò che le parti hanno voluto dire e non semplicemente quello che si è scritto.

Nel caso deciso dalla Cassazione, con la sentenza 27392/09, le parti ricorrenti lamentavano un’erronea interpretazione del regolamento di condominio in relazione a tutta una serie di elementi (atti di transazione, rogiti notarili) che avevano portato alla sua formulazione.

In pratica, per un errore materiale, il regolamento indicava per la ripartizione delle spese di portierato una tabella diversa rispetto a quella che le parti, precedentemente, avevano indicato come tabella da utilizzare per quel tipo di spese.

Apertosi un contenzioso sul punto i ricorrenti sono dovuti arrivare al giudizio per Cassazione per sentirsi dare ragione in quanto deve ritenersi che la intitolazione delle tabelle non possa essere obliterata, quale criterio interpretativo della volontà delle parti, in favore di una opzione ermeneutica del regolamento condominiale fondata sul mero dato letterale, ove lo stesso sia in palese contrasto con la comune intenzione delle parti stesse (Cass. 28 dicembre 2009 n. 27392).

Ciò significa che, proprio in ossequio a quel principio per il quale i contratti devono essere interpretati secondo quella che è stata la comune intenzione delle parti, non ci si può fermare al fatto che il regolamento indichi una tabella laddove sia dimostrabile che quell’indicazione è frutto di una svista o di un cattivo coordinamento tra quanto stabilito e quanto scritto nel regolamento.

Fonte: Avv. Alessandro Gallucci su Lavorincasa