In una recente decisione la Suprema Corte ha riaffermato una serie di fondamentali principi relativi alla presunzione di comunione delle parti comuni dell’edificio condominiale espressa nell'art. 1117 c.c. In particolare, il giudice di legittimità, premesso che l'accertamento con cui il giudice del merito attribuisca ad un determinato bene natura condominiale o di proprietà esclusiva integra gli estremi di una valutazione fattuale che, se adeguatamente motivata, risulta insindacabile in sede di legittimità, ha ribadito che:
(i) al fine di stabilire se un’unità immobiliare situata in un condominio è da considerarsi comune, ai sensi dell'art. 1117 n. 2, c.c., in quanto destinata ad alloggio del portiere, occorre accertare se all'atto della costituzione del condominio, come conseguenza dell'alienazione dei singoli appartamenti da parte dell'originario proprietario dell'intero fabbricato, vi sia stata o meno tale destinazione, espressamente o di fatto.
(ii) per vincere in base al titolo la presunzione legale di proprietà comune delle parti dell'edificio condominiale indicate nell'art. 1117 c.c., non sono sufficienti il frazionamento - accatastamento, e la relativa trascrizione, eseguiti a domanda del venditore costruttore, della parte dell'edificio in questione, essendo al contrario necessaria e decisiva una espressa previsione in tal senso da parte del regolamento negoziale recepito nel contratto di compravendita.
(iii) per presumere la natura condominiale di un bene tra quelli indicati dall'art. 1117 c.c. è sufficiente l'attitudine funzionale di quest'ultimo al servizio o al godimento collettivo: in altri termini, è sufficiente che tale bene risulti collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale.
Nel caso esaminato, il Supremo Collegio, applicando i principi espressi, ha ritenuto incensurabile la pronuncia con cui la corte di merito, riformando la decisione di primo grado, aveva accertato e dichiarato, in confronto dell'originario proprietario dell'intero stabile, successivamente alienante mediante vendita frazionata del medesimo, la proprietà comune sia del locale guardiola che del retrostante appartamento del portiere.
[Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 7 maggio 2010, n. 11195 - Presidente Triola - Relatore Bursese]
Fonte: Avv. Federico Ciaccafava su Professionisti e Imprese 24